Lasciare che i propri figli stiano davanti a uno schermo, tv, tablet o smartphone da soli non è la stessa cosa di starci insieme.
Un bambino che viene lasciato a guardare un cartone animato sul tablet mentre si cena, viene escluso dalla conversazione e sostanzialmente isolato. Se invece la famiglia dopo cena guarda un cartone animato insieme al bambino, questo si sente parte del momento di condivisione, specialmente se durante la visione ci si scambia opinioni, domande, commenti su ciò che si sta guardando. In questo modo quel momento si trasforma in apprendimento e condivisione sociale.
Se da un lato ci si interroga sul tempo che i bambini dovrebbero passare connessi, dall’altro è bene quindi riflettere anche sulla condivisione di questi momenti.
Si parla di “coviewing”, fin dai primi studi fatti negli anni ’80 e focalizzati sulla televisione, un concetto che sottolineava già allora i benefici della visione accompagnata rispetto a quella solitaria, specialmente per i più piccoli, aiutandoli a elaborare i contenuti e a sentirsi più sicuri. Ma questo principio vale, e forse ancor di più, anche per i nostri nuovi schermi, lontano dal concetto di sharing tipico dei social.
Oggi i ricercatori del Joan Ganz Cooney Center parlano di “joint media engagement” (in breve: JME): diversamente da quanto accadeva con la televisione, con i nuovi device sono possibili altre modalità di intrattenimento oltre al guardare insieme, come giocare, cercare e creare.
Pediatri e pedagogisti dell’American Academy of Pediatrics concordano sull’importanza dell’uso condiviso delle tecnologie, che raccomandano nei loro consigli ai genitori:
Gioca a un videogioco con i tuoi figli. È un buon modo per dimostrare spirito sportivo e correttezza. Guarda un film con loro; avrai l’opportunità di presentare e condividere le tue esperienze di vita, le prospettive e le indicazioni. Non limitarti a monitorare i bambini online, interagisci con loro: puoi capire cosa stanno facendo e farne parte. Co-view, co-play e co-engage con i tuoi figli quando usano gli schermi – incoraggia le interazioni sociali, il legame e l’apprendimento.
Ma perché questa condivisione fa davvero la differenza?
Quando si discute attivamente di ciò che si vede o si gioca insieme, si introduce un nuovo vocabolario, si aiutano i bambini a cogliere concetti anche complessi e si affinano le loro capacità narrative. Domande come “Cosa pensi che succederà ora?” o “Perché quel personaggio si è comportato così?” non sono semplici curiosità, ma stimoli attivi al pensiero critico e al problem solving.
Questo dialogo trasforma la fruizione passiva in un’occasione di apprendimento attivo.
Parallelamente, il joint media engagement è un potente strumento per il rafforzamento del legame familiare e lo sviluppo socio-emotivo. Guardare un film accoccolati sul divano, esultare insieme per una vittoria in un videogioco o semplicemente commentare un documentario crea ricordi condivisi, un senso di appartenenza e una connessione profonda. Discutere le emozioni dei personaggi o le situazioni che vivono sullo schermo può, ad esempio, aiutare i bambini a sviluppare empatia, imparando a riconoscere e comprendere i sentimenti altrui. Infine, i genitori, partecipando attivamente, diventano modelli di un uso equilibrato e critico dei media, dimostrando anche nella pratica valori come il fair play o la capacità di gestire la frustrazione durante un gioco.
Un altro aspetto cruciale è l’alfabetizzazione mediatica. Attraverso il joint media engagement, i genitori possono guidare i figli a distinguere la realtà dalla finzione, un aspetto sempre più importante in un mondo saturo di informazioni. Si può insegnare a riconoscere le tecniche persuasive, come la pubblicità, anche quando è mascherata all’interno di video o giochi. Se l’esperienza condivisa include la ricerca di informazioni online, diventa un’opportunità per insegnare come navigare in sicurezza, valutare l’affidabilità delle fonti e proteggere la propria privacy.
Naturalmente, integrare il joint media engagement nella frenetica vita familiare può presentare delle sfide, ma con qualche accorgimento è possibile superarle.
Mancanza di tempo dei genitori: non è necessario dedicare ore intere. Anche sessioni brevi ma focalizzate, di 15-20 minuti, possono fare una grande differenza. Commentate brevemente un programma mentre preparate la cena, fate una partita veloce a un’app educativa prima della nanna, o dedicate parte del weekend a un film o a un progetto creativo insieme.
Interessi diversi: è normale che non tutti in famiglia amino le stesse cose. Cercate un compromesso, magari alternando chi sceglie l’attività multimediale. Mostrare un interesse autentico per i contenuti preferiti dai vostri figli, anche se non sono i vostri preferiti, può essere un modo potente per connettersi con loro e capire meglio i loro gusti e il loro mondo.
In conclusione, il joint media engagement non è semplicemente un modo per “controllare” cosa fanno i nostri figli davanti agli schermi, ma una strategia proattiva e arricchente per trasformare il tempo trascorso con i media in un’opportunità di crescita, apprendimento e, soprattutto, di profonda connessione familiare. Scegliere di essere presenti e partecipi durante l’esperienza digitale dei bambini significa investire nel loro sviluppo cognitivo, emotivo e sociale, aiutandoli a diventare utenti di media più consapevoli, critici e sicuri, e rafforzando al contempo quel legame unico che unisce genitori e figli.